Strategia

Le aziende italiane ripartono dalla tecnologia: ecco le professioni più ricercate nel post-pandemia

Fabrizio Travaglini, senior executive director di Page Group

La pandemia definitivamente portato innovazione e tecnologia al primo posto nell’agenda delle aziende italiane, anche più della media europea. Secondo un’indagine condotta da PageGroup, infatti, prima dell’avvento del virus l’innovazione e la tecnologia erano una priorità per il 43% delle piccole imprese (fino a 50 dipendenti), il 47% di quelle medie (dai 50 ai 250 dipendenti) e il 57% di quelle di grandi dimensioni (oltre i 250 dipendenti). In seguito all’emergenza, invece, sono diventate a elevata priorità per il 63% di piccole e grandi imprese e per il 67% di quelle di medie dimensioni.

La società di recruitment internazionale – a cui fanno capo i brand Page Executive, Michael Page e Page Personnel – ha intervistato a un anno dall’inizio della pandemia 1.160 aziende europee al fine di indagare come abbiano reagito alla crisi causata dall’emergenza Covid-19. Le aziende italiane coinvolte nell’indagine sono state 250 fra piccole, medie e grandi dimensioni.

Secondo l’indagine (clicca qui per scaricare il rapporto completo), la media nazionale delle aziende che vedono gli investimenti tech come una priorità si attesta al 64%, contro quella europea ferma al 58%. Inoltre gli investimenti hanno portato anche a ripensare alla struttura dell’organizzazione aziendale, in cui dovranno essere inserite giocoforza sempre più figure tecnologiche alla guida del cambiamento.

Le figure più richieste: caccia al chief technology officer, al data analyst e al crm manager

PageGroup ha indagato quali sono le figure su cui le aziende stanno puntando maggiormente per affrontare le sfide del mercato e quali di queste, ad oggi, sono già presenti all’interno dei team di lavoro.

In tal senso, è da citare la figura del cto (chief technology officer), già arruolato dal 63% delle nostre aziende, in linea anche con la media europea (62%). Crescente importanza viene inoltre riconosciuta alla gestione dei dati: il 40% delle aziende italiane ha un data analyst nell’organico (45% in Europa), percentuale destinata a salire nei prossimi anni.

“Oggi la creazione di valore non può non passare attraverso un uso sempre più strategico dei dati, i quali vanno prima protetti e poi soprattutto monetizzati al fine di conseguire un reale vantaggio economico e competitivo”, racconta Fabrizio Travaglini senior executive director di PageGroup.

Dove investiranno le aziende italiane: priorità a relazione con il cliente e cybersecurity

Quanto alle priorità degli investimenti, la relazione con i propri clienti sembra essere la prima necessità delle nostre imprese che per il 44% metterà risorse nella digitalizzazione dei servizi di customer relation e CRM/ERP. Una tendenza dovuta anche al fatto che il 30% delle aziende italiane ha riscontrato difficoltà su questo fronte nell’ultimo periodo e la ragione potrebbe risiedere nel fatto che solo il 33% delle nostre aziende ha un CRM Manager all’interno del proprio team, figura chiave per la definizione delle strategie di relazione con i clienti.

Secondo i dati del sondaggio, di conseguenza anche l’investimento nel talento è stato aggiunto alla lista delle priorità, che segue di pari passo le principali aree di investimento tecnologico.

Un ulteriore punto emerso dall’indagine di PageGroup riguarda il tema della cybersecurity. Nonostante il numero di attacchi informatici sia in forte incremento, gli investimenti sulla sicurezza non sono ancora percepiti come una priorità da parte di molte aziende: solo il 17% per quelle di piccole dimensioni e il 29% di quelle medie. Più consapevoli invece le aziende maggiormente strutturate, per le quali gli investimenti in cybersecurity sono pianificati nel 46% dei casi. Anche qui il gap sarà destinato a colmarsi verso un maggior investimento in quest’area.

La difficoltà di conquistare nuove fette di mercato

Per quanto riguarda le maggiori difficoltà rilevate nell’ultimo periodo, la maggiore è stata quella di conquistare nuove fette di mercato, riscontrata dalle aziende di tutte le dimensioni. Quasi la metà delle realtà intervistate (47%) ha infatti rimarcato la grande sfida di creare occasioni di new business durante l’ultimo periodo. Quelle a soffrire di più sono state le imprese di medie dimensioni (51%), seguite dalle piccole (46%) e infine dalle grandi realtà (43%).

Ma come si sono adattate le aziende italiane alla nuova situazione? Quelle di piccole dimensioni sono quelle che hanno dovuto affrontare maggiormente una rivoluzione per far fronte all’emergenza: infatti, il 43% ha diversificato il proprio business model, contro il 37% delle medie e il 30% di quelle di grandi dimensioni. Situazione ribaltata se parliamo di remote working, adottato dal 54% delle grandi aziende, più pronte rispetto al 40% delle medie e dal 37% delle piccole.

“Il settore IT e Digital sta definendo una svolta nelle strategie di business delle aziende di tutte le dimensioni”, conclude Travaglini. “L’investimento nella trasformazione digitale e nei talenti sarà vitale per le organizzazioni, poiché questo definirà in larga misura la loro capacità di adattarsi alle esigenze del mercato e quindi il loro successo”.

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