Gino Strada primo piano
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Gino, nessuno, centomila. Da sabato a lunedì a Milano l’ultimo saluto al fondatore di Emergency

“… Ho la sensazione che i padroni delle testate debbano rassegnarsi a non essere anche padroni delle teste…”. L’ha detto Gino Strada, scomparso a ridosso di Ferragosto, una persona per bene a cui tante persone per bene hanno guardato con fiducia. Ha passato la sua vita a salvare le vite degli altri, camminando sempre diritto.

Quella frase iniziale è del 2003 e Gino la scrisse in risposta a un giornalista che lo accusava di non fare differenze. Contiene una verità molto attuale: oggi la stampa, con poche eccezioni, non solo corre in soccorso ai vincitori (come diceva Flaiano), ma stabilisce a priori chi deve essere il vincitore. È il pensiero unico che si forma nei salotti e nei circoli di potere, non sempre e non solo italiani, rotto, qua e là, da qualche testata coraggiosa. Non si scava più, spesso si riprende (per non dire si copia), si riportano notizie sensibili senza verificarle a fondo. Per far piacere al padrone di turno. Sia esso l’editore o il politico di riferimento.

È il sintomo (la causa?) dello stato in cui si è ridotto il sistema dell’informazione in Italia. Perché alla fine, la voglia di informarsi resta forte e i lettori, se non le trovano sui media tradizionali, da qualche parte queste informazioni devono andare a cercarle. Vanno a caccia di notizie sempre più afferenti a sistemi loro affini, professionali, complete, tecniche, di visione, che li aiutino a scoprire e a capire mondi e sistemi innovativi, i trend che si muovono nel pianeta. Sono i nuovi lettori, i più esigenti, a cui quello che è successo interessa relativamente ma sono invece molto interessati a quello che accadrà.

Forbes da più di cento anni ha individuato questo percorso e noi stiamo percorrendo in Italia la stessa strada, raccontando i successi di un paese attraverso i suoi protagonisti, dando grande spazio ai giovani e alle donne non in quanto appartenenti a categorie da celebrare, ma per quello che sono e quello che fanno, ai professionisti, agli scienziati, agli sportivi, ovviamente agli imprenditori, a chi il lavoro lo crea e non lo distrugge, a chi costruisce e gestisce in maniera responsabile, sapendo anche redistribuire e condividere parte del proprio successo con i collaboratori ma anche a chi è stato meno fortunato.

Ed ecco che torna il fantasma buono di Gino Strada, uno talmente modesto da sentirsi quasi nessuno, scomparendo tra i suoi medici e i suoi pazienti, e avere invece la forza di centomila. “Noi”, diceva, “abbiamo il privilegio di poter essere immediatamente utili. Ma in Italia ci sono decine di migliaia di persone che rendono possibile tutto ciò, non solo sostenendoci economicamente, ma anche, come mi dicono da Milano quando mi sentono depresso, circondandoci di affetto”. Anche il nostro.

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