Diane Kruger, una delle poche star europee ad aver sfondato a Hollywood, negli ultimi anni è diventata anche produttrice.
Il suo film First Love, dove è produttrice esecutiva, è in post-produzione, mentre ha già contribuito a realizzare Sky e Frankie. Nel suo nuovo progetto, la serie Swimming with Sharks, racconta il lato più oscuro di Hollywood. La storia è ispirata all’omonimo film del 1994, con Kevin Spacey nei panni di un mogul che tormentava il suo giovane assistente. In questo caso, i ruoli sono ribaltati al femminile con una donna, alto dirigente, interpretata da Diane, e Kiernan Shipka come sua assistente.
In occasione del South by Southwest 2022 a Austin, in Texas, abbiamo parlato con Diane della sua carriera di produttrice e attrice, ma anche del suo modo di fare business e avere successo. Al momento, Diane vive tra Parigi e Vancouver, trascorrendo molto tempo a Los Angeles e a New York. È stata sposata con l’attore e regista francese Guillaume Canet, ha avuto una lunga relazione con l’attore canadese Joshua Jackson e dalla fine del 2016 vive con l’attore Norman Reedus, conosciuto sul set di Sky, con cui nel 2018 ha avuto una figlia.
Tra i suoi film più importanti, oltre a Troy, che l’ha famosa, ci sono Inglourious Basterds, In the Fade e la serie The Bridge. Di recente ha recitato in The 355, un film di spionaggio tutto al femminile. Diane è infine brand ambassador degli orologi Jaeger-LeCoultre, rappresentante globale di L’Oréal e volto del profumo Beauty di Calvin Klein.
Lei è tedesca, ma è riuscita a diventare una grande star a Hollywood…
Ho cominciato a lavorare molto presto, a quindici anni facevo la modella a Parigi. Mia madre mi diede molta fiducia allora, e a ragione, perché mi insegnò da subito a risparmiare e a gestire il denaro. Non venivo da una famiglia povera, ma nemmeno da una ricca e ci tenevo a mandare denaro a casa, quando possibile. Questa concretezza mi ha di certo aiutato a rimanere coi “piedi per terra”. È stato poi il ruolo di Elena di Troia in Troy a farmi conquistare il successo internazionale. Fu una scelta meditata, perché sapevo che sarei risaltata principalmente per il mio aspetto fisico, ma di certo mi aiutò a emergere. Anche se fu difficile farcela dopo: il successo si dimentica presto a Hollywood, se non è seguito da un altro successo.
La serie Swimming with Sharks mette in evidenza quanto sia duro sopravvivere in un ambiente tanto competitivo come Hollywood.
Sono convinta che il mio personaggio in questa serie sia molto reale, perché riconosco diverse persone, che ho incontrato nel corso della mia carriera, nel suo atteggiamento. Allo stesso tempo, però, mi relaziono a lei come donna, per quella sua vulnerabilità nell’avere un compagno infedele ed egoista, e accettarlo, come nella sua difficoltà di riuscire a rimanere incinta, sotto lo stress del lavoro e delle aspettative altrui.
Crede che esista ancora molta disuguaglianza nel lavoro tra uomini e donne?
Certo, anche se le cose negli ultimi anni sono migliorate. Noi donne abbiamo lavorato duramente per inserirci nelle posizioni di potere e nei livelli esecutivi. Abbiamo dovuto mettere da parte la nostra vita privata per riuscire a sfondare, spesso anche il desiderio di diventare madri.
Come è riuscita a conciliare la maternità con una carriera che la porta sempre a viaggiare molto?
Non è stato facile per me avere una famiglia. Onestamente, è stata una vera lotta riuscire a conciliare il mio ruolo di madre con il mio lavoro, ma alla fine ho deciso che dovevo trovare il tempo di farlo.
Cosa si sente di consigliare a chi vuole fare business a Hollywood?
Il consiglio che posso dare è di avere un forte etica lavorativa e di non farsi influenzare da quello che pensano gli altri. Di rimanere vicini alla propria famiglia e ai veri amici, di non scendere a compromessi.
Qual è stato l’ostacolo più difficile finora?
Sapermi adattare alle delusioni e ai rifiuti, e velocemente. All’inizio sognavo di diventare una ballerina: fui accettata alla prestigiosa Royal Ballet School a Londra, ma poi un incidente al ginocchio rovinò la mia carriera. Decisi quindi di trasferirmi a Parigi e di lavorare come modella. Dopo aver viaggiato per diversi anni, decisi di frequentare una scuola di arte drammatica. Si rivelò la decisione vincente. Nel mio percorso ho appreso che quando qualcosa nella vita non funziona, è importante reinventarsi.
Non è stata, quindi, sempre affascinata dalla recitazione?
Venivo da un paesino in Germania, dove la gente non credeva che si potesse guadagnare con l’arte. Mi avvicinai al cinema solo a Parigi, quando mi resi pure conto che un’attrice austriaca come Romy Schneider era tanto apprezzata e che anch’io avrei potuto avere una chance. Forse, allora gli Stati Uniti mi parevano troppo lontani e andarci non sembrava una buona idea, dato che non ero ancora affermata.
Lei ha già prodotto diversi film, pensa continuare in questa direzione in futuro?
Non saprei… La pandemia mi ha portato a riflettere e a comprendere che dobbiamo affrontare la vita giorno per giorno. Da quando sono ragazza, non ricordo un periodo in cui ho vissuto nello stesso luogo per tanto tempo. Di certo so che voglio focalizzarmi su progetti al femminile, come è stato per The 355. Ero in pausa maternità in quel periodo, e mia figlia aveva cinque mesi, ma mi hanno permesso di lavorare sul set con lei senza problemi. È così che le donne dovrebbero sempre venire trattate sul posto di lavoro.
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