Lasciare la propria terra, sempre più orfana di mecenati, per seguire la via tracciata dal denaro. Una via in cui l’Europa rischia di diventare il ‘Macellum’ dell’antica Roma, il più grande mercato mondiale al quale attingere, e non più il tanto amato e sognato Colosseo che è stato per anni. L’Europa non è più il futuro del calcio, è solo un passaggio necessario nel suo percorso di crescita.
I soldi messi in ballo dall’Arabia Saudita sono solo la punta di un iceberg più volte ignorato in questi anni: le proprietà europee stanno scomparendo e i miliardari europei non sono più inclini a regalare al popolo del calcio senza ricevere nulla in cambio. D’altronde una squadra è un’azienda e bisogna guardare ai bilanci prima ancora che ai tifosi, alle cessioni prima ancora degli acquisti. E sono in pochi, adesso, ad accettarlo. Per logici e inappuntabili motivi: è diventata un’industria troppo grande, troppo ricca da gestire, soprattutto quando il ritorno economico – il famoso roi – non è più poi così invitante.
Il passo indietro delle proprietà europee
Le storiche famiglie del calcio italiano hanno infatti fatto un passo indietro. Da Massimo Moratti che cedette la sua amata Inter nel 2013 a Silvio Berlusconi che lasciò il Milan nel 2016. È vero, la famiglia Agnelli è rimasta al timone della Juventus. Ma è anche vero che le difficoltà economiche dei bianconeri sono anche figlie dell’impossibilità di competere con la nuova era che si è aperta nel mondo del calcio.
Un’era in cui la Saudi Pro League sta riempiendo d’oro diversi calciatori, a partire da Cristiano Ronaldo che lo scorso anno è stato convinto dall’Al-Nassr per una cifra pari a 200 milioni di euro a stagione (permettendogli di diventare l’atleta più pagato al mondo), fino ad arrivare a Karim Benzema, approdato alla corte dell’Al-Ittihad per 100 milioni di euro l’anno, fino ad arrivare a due grandi conoscenze del nostro calcio: l’ex Lazio Milinkovic Savic e l’ex Napoli e Chelsea Kalidou Koulibaly, trasferitisi all’ Al-Hilal. Squadra, peraltro, che avrebbe recentemente offerto 700 milioni di euro l’anno al campione francese Kylian Mbappé, dandogli contestualmente la possibilità di liberarsi già nel 2024 per andare al Real Madrid. Un ‘noleggio’ annuale da un miliardo di euro, se sommiamo i 300 milioni di euro offerti al Psg per il cartellino del giocatore. Cifre che gli italiani, ma in generale gli europei non possono ovviamente offrire.
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Le proprietà straniere nel calcio
In Italia avanzano gli americani
Partendo dal nostro paese, il 35% delle squadre di Serie A sono di proprietà straniera (7 su 20). Una percentuale che inevitabilmente aumenta quando si guarda alle cosiddette big. A parte i campioni d’Italia del Napoli, di proprietà di Aurelio De Laurentiis, la Juventus, controllata da Exor (la holding della famiglia Agnelli), la Lazio di Claudio Lotito, il resto non parla italiano.
Il Milan è stato recentemente acquisito dalla RedBird Capital Partners di Gerry Cardinale, continuando il suo percorso americano dopo la gestione del fondo Elliott. Un percorso simile a quello della Roma, passata nel 2020 dall’italo-americano James Pallotta a Dan Friedkin (con un patrimonio di 5,7 miliardi di dollari secondo Forbes). Destino americano anche per Atalanta e Fiorentina. Se i bergamaschi sono controllati al 55% da un gruppo di imprenditori guidati da Stephen Pagliuca, co-chairman di Bain Capital, i viola invece hanno come condottiero Rocco Commisso, il quale secondo Forbes possiede un patrimonio di 8,5 miliardi di dollari. Discorso diverso per l’Inter che, dopo la parentesi indonesiana con Thohir, da giugno 2016 è di proprietà del gruppo cinese Suning, anche se sono diverse le ipotesi su un nuovo potenziale cambio di gestione.
Ma attenzione, anche i club più piccoli non sono esenti da questa trasformazione: il Bologna è di proprietà dell’imprenditore canadese Joey Saputo (la sua famiglia possiede un patrimonio di 4,5 miliardi di dollari secondo Forbes), mentre il Genoa del fondo americano 777 Partners. Anche in Serie B l’avanzata si fa pressante: con le americane Spezia, Venezia, Parma e Spal, “l’inglese” Pisa, l'”indonesiana” Como (di proprietà dei fratelli Hartono che vantano un patrimonio di 47,7 miliardi di dollari secondo Forbes) e dell'”araba” Palermo, acquisita dal City Football Group di proprietà al 77% dell’Abu Dhabi United Group, il veicolo di investimento dello sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan.
Nel resto d’Europa?
Allargando lo spettro, secondo i dati forniti dal Cies, escludendo il campionato tedesco, la Bundesliga, il 44% dei club che parteciperanno a uno dei sette maggiori campionati europei nella stagione 23/24 è attualmente di proprietà straniera. Soprattutto guardando alla Premier League con 14 club su 20 (il 70%). Segue il campionato belga con 11 squadre (il 69%), la Ligue 1 con 10 club (il 56%), il campionato portoghese con 8 squadre (il 44%) e, appunto, la Serie A.
⚽️ Football #ClubOwnership. Foreign investments continue to be a major element at the top of European football. Excluding the German #Bundesliga, 44% of the clubs that will participate in one of the top seven European leagues in the 23/24 season are currently foreign-owned 🌎 pic.twitter.com/jNiUdm1VMm
— CIES Sports Intelligence (@CIESsportsintel) June 26, 2023
Guardando alla Premier League, il campionato con più ricavi in assoluto (11 delle prime 20 squadre al mondo per entrate sono inglesi), il dominio è soprattutto a stelle strisce: dall’egizio-americana Aston Villa, fino ad arrivare al Chelsea (acquisito recentemente per 5,3 miliardi di dollari, il secondo acquisto più costoso nella storia dello sport), al Crystal Place, al Fulham, al Liverpool, al Leeds e al Manchester United. Quest’ultima, peraltro, potrebbe a breve traslocare la sua proprietà in Medio Oriente, dato che la famiglia Glazer è in trattativa con il consorzio guidato dallo sceicco Jassim bin Hamad al-Thani, figlio dell’ex primo ministro del Qatar.
Sempre rimanendo in Medio Oriente, non va dimenticato il Manchester City, fresco campione d’Europa, dello sceicco Mansur bin Zayd Al Nahyan, e il Newcastle – che ha recentemente sottratto Sandro Tonali al Milan per circa 70 milioni di euro – di proprietà del PIF, il Fondo di investimento pubblico dell’Arabia Saudita. In sintesi, un cerchio che si chiude sempre lì. Dove, secondo le cifre calcolate dal Guardian, sono stati investiti almeno 6,3 miliardi di dollari in affari sportivi dall’inizio del 2021, più del quadruplo dell’importo precedente speso in un periodo di sei anni. Coincidenze?
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