La Norvegia ha annunciato una svolta nella produzione di terre rare in Europa: la scoperta di quello che potrebbe essere il principale deposito del continente, quattro volte più grande del secondo, trovato in Svezia, di cui si era parlato a gennaio dell’anno scorso.
Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi metallici, considerati determinanti per tutte le nuove tecnologie verdi e digitali. C’è chi li definisce la benzina della transizione energetica. Ed è un’immagine azzeccata, perché, com’è successo per i combustibili fossili, l’Europa rischia di finire in un’altra dipendenza, dopo quella dal gas russo: importa il 98% del suo fabbisogno di terre rare, per la maggior parte dalla Cina (che produce il 60% dell’offerta globale). Ecco perché la scoperta dei giacimenti in Norvegia è così importante.
La scoperta
La società di estrazione mineraria Rare Earths Norway ha spiegato che nel deposito di Fen, a un centinaio di chilometri da Oslo, potrebbero esserci 8,8 milioni di tonnellate di ossidi di terre rare. In un comunicato stampa la società ha aggiunto che il deposito potrebbe portare a un investimento di 10 miliardi di corone norvegesi – circa 870 milioni di euro – per sviluppare la prima fase di estrazione entro il 2030. Secondo il gruppo, questo investimento potrebbe coprire in futuro il 10% della domanda europea di terre rare, in linea con gli obiettivi strategici del Critical Raw Materials Act, il pacchetto di misure sui minerali dell’Unione europea.
Il Critical Raw Materials Act, proposto dalla Commissione nel 2023 e approvato dal Consiglio Ue quest’anno, è una delle iniziative chiave del programma REPowerEU, che mira a garantire la sicurezza nell’approvvigionamento di materie prime critiche, incluse le terre rare. Che cosa si intende per maggiore sicurezza? Innanzitutto non essere più dipendenti da un unico fornitore – nel nostro caso la Cina –, e poi rafforzare la produzione interna.
Dunque il deposito norvegese rientra in questa strategia di adattamento a un mondo divenuto più pericoloso, in cui le tensioni geopolitiche influenzano le relazioni commerciali. La Norvegia non fa parte dell’Unione europea, ma ha uno status privilegiato perché appartiene allo Spazio economico europeo. È già un fornitore affidabile di materie prime, il più importante per il gas, avendo soppiantato la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.
La geopolitica delle terre rare
Il giacimento di Fen, secondo gli esperti, sembra particolarmente pregiato. Si stima la presenza nell’area 1,5 milioni di tonnellate di ossidi di neodimio e praseodimio, molto ricercati per alcune tecnologie importanti della transizione verde. I magneti a base di neodimio, per esempio, finiscono nei motori delle auto elettriche. Il praseodimio, invece, è usato nei magneti ad alta potenza per i generatori delle turbine eoliche. In entrambi i casi si tratta di magneti molto potenti, che riducono il peso e aumentano l’efficienza.
L’uso di terre rare in queste tecnologie è una delle ragioni per cui la loro domanda sui mercati globali è cresciuta così tanto. La produzione, però, ha un impatto piuttosto critico sull’ambiente, ed è anche per questo che si è concentrata in Cina. Pechino ne processa il 90%, il che significa che importa terre rare da altri paesi per lavorarle. Al secondo posto ci sono gli Stati Uniti, che stanno aumentando la produzione, ma sono ancora molto distanti dalla Cina (la loro quota è di circa il 13%). Gli altri produttori sono Birmania e Australia, in misura inferiore Russia e India.
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