“Non ho mai pensato alla pensione, perché adoro lavorare. Mi fa sentire vivo e sono ancora pieno di entusiasmo. Penso di continuare a raccontare storie fino a che ne avrò l’energia”, ribadisce Clint Eastwood, che ha sostenuto più volte di non credere nella pensione quando si fa una professione che si ama davvero. Per il suo ultimo film, Giurato numero 2, ha scelto l’attore Nicholas Hoult.
A 35 anni, Nicholas, inglese di nascita che ora si divide tra Los Angeles e Londra, è stato nominato a due Golden Globes, per la serie The Great, prodotta e interpretata da Elle Fanning, e ha scelto sempre di recitare sia in grandi blockbusters come X-Men: First Class, Mad Max: Fury Road che in produzioni indipendenti come The Favourite. Il 2024 è stato un anno produttivo per Nicholas. Oltre al nuovo film di Eastwood, ha doppiato un personaggio del film di animazione The Garfield Movie, ha recitato nel thriller The Order, con Jude Law, e dal 1 gennaio 2025 è in Nosferatu, con Lily-Rose Depp e Willem Dafoe.
Nel 2025, sarà anche nel ruolo di Lex Luthor in Superman, diretto da James Gunn. Nicholas è stato incluso nella lista Forbes 30 Under 30 nel 2012, mentre è da sempre un filantropo, impegnato con associazioni come Teenage Cancer Trust, Save the Children, Christian Aid e World Wide Fund for Nature. Personalmente, dopo una relazione con l’attrice Jennifer Lawrence, con cui aveva recitato nelle serie di film X-Men, è dal 2017 con la modella Bryanna Holly, con cui ha avuto due figli.
Giurato numero 2 è ambientato a Savannah e racconta di un giornalista ex alcolista, che lei interpreta, chiamato in una giuria per condannare un uomo accusato di violenza domestica e dell’assassinio della fidanzata…
La storia è davvero appassionante, perché, in realtà, non si sa bene cosa sia accaduto… È un dramma legale, ma anche personale, qualcosa di totalmente nuovo, che vi coinvolgerà in un’avventura tra il giallo, il murder mystery, la suspense, l’amore e il senso di colpa, come il desiderio di fare la cosa giusta… Anche se questo può portare alla tua stessa rovina.
Come si è trovato a lavorare con Clint Eastwood, che è una leggenda?
Clint mi ha chiamato al telefono e l’ho davvero apprezzato, mi ha raccontato la storia e, naturalmente, ho subito accettato, perché per me era un onore lavorare con lui. È un personaggio, attore, regista e produttore, veramente leggendario, e mi sono sentito onorato per questa opportunità. Ha molta esperienza, lo si avverte da come si avvicina a te e da come pare di conoscere il mondo e le emozioni umane, e da lui si può imparare moltissimo. Mi piace si estremamente diretto, vedi subito se qualcosa non va… È una fonte di saggezza ed è razionale. Ho appreso soprattutto un senso di accettazione per quello che succede e a lasciarmi andare al mio istinto, senza avere paura.
Anche il film Nosferatu è molto atteso. D’altronde i film dell’orrore sono stati un grande trend dell’ultimo anno.
Per ogni carattere che interpreto faccio ricerca, in questo caso ho guardato due versioni precedenti di film su Nosferatu, quella diretta da F.W. Murnau e quella di Werner Herzog. Ma non l’ho fatto per ispirazione, ma più per rispetto. Preferisco costruire da solo il mio personaggio, basandomi sulle mie emozioni e sensazioni, facendomi guidare dal regista. In questa nuova versione, penso si scopra qualcosa di contemporaneo e totalmente nuovo, di fantastico. Un vampiro infatuato da una giovane donna vittima del male, che ha qualcosa di oscuro, ma allo stesso modo di tremendamente umano. Ho adorato l’idea di sparire dentro un mostro, qualcosa di fantastico e di non reale, che nasce dalla mia immaginazione, perché nella vita vera non posso sperimentare cosa sia essere un vampiro.
The Order, diretto da Justin Kurzel e presentato al Toronto Film Festival, racconta invece una storia vera. Lei è un leader neo-nazista che terrorizza una nazione (Robert Matthews, nella realtà, n.d.r.)… La sceneggiatura di Zach Baylin è basata sul libro The Silent Brotherhood di Kevin Flynn e Gary Gerhardt.
Non è stato un personaggio facile da interpretare, ma scendere nell’oscurità mi aiuta a comprendere la psicologia dell’umanità, a cercare i motivi di certe scelte, seppure negative. La storia racconta di un agente veterano dell’Fbi, interpretato da Jude Law (che è pure produttore, n.d.r.), che si trova a indagare su un gruppo di estrema destra capitanato da me. È una di quelle storie che devono essere raccontate, di un passato dimenticato che ora viene ricordato e fatto rivivere nel presente. È, di certo, stata un’altra esperienza interessante e formativa. Il 2024 è stato un anno intenso, sono passato da un set all’altro, anche se sono grato di tutto, perché mai avrei pensato di lavorare tanto quando cominciai e ho odiato non lavorare per sette mesi di fila durante la pandemia. Mi sono dedicato a essere padre, è stato un momento altrettanto bello e sereno, ma amo lavorare.
Ha cominciato a recitare sin da bambino a teatro, debuttando al cinema a sei anni e distinguendosi poi col film About a Boy al fianco di Hugh Grant. Ha sempre avuto la passione per la recitazione?
Ho due sorelle attrici e un fratello biologo, che pure recitava: eravamo tutti interessati a recitare e ballare fin da quando eravamo bambini. Eravamo molto vivaci, ci piaceva improvvisare storie che recitavamo, costruivamo case sugli alberi e facevamo tanti sport all’aria aperta. Abbiamo cominciato molto presto a studiare recitazione e a esibirci nei teatri locali. Per noi era normale, un lavoro come un altro. Mio padre era un pilota aereo, spesso in viaggio, mia madre un’insegnante di piano, mentre mio fratello era spesso fuori casa per studiare. Sono cresciuto principalmente con mia madre e le mie sorelle, con cui studiai perfino balletto. In principio pensavo di dedicarmi alla biologia o alla psicologia, ma poi mi accorsi di avere talento e una possibilità di sfondare. Me la cavavo bene perfino nella musica, suonavo il trombone e cantavo nel coro. E, quando avevo solo tre anni, un regista teatrale che dirigeva mio fratello mi notò e mi disse che avevo un alto potenziale, per la mia capacità di focalizzare e concentrarmi sul lavoro. Mi offrì addirittura una parte nella sua prossima produzione.
Ha quindi sempre affrontato molto seriamente questa professione, sin dagli inizi.
Quello che tuttora amo di recitare è che io posso scomparire totalmente nel mio personaggio, diventare un altro. E, mi piace cambiare, non essere sempre lo stesso carattere. Sono molto competitivo, con me stesso più che con gli altri, e ci tengo a riuscire in tutto quello che faccio. Ma, in principio, per me era come giocare a calcio per un altro bambino, mi divertiva moltissimo e mi piaceva incontrare tanta gente interessante, era un mondo eccitante e pieno di possibilità. Ma, quando decisi di farlo in maniera professionale, volevo essere serio e determinato. Mi invitavano a molti party, ma non volevo distrazioni. Certo, anche la fortuna conta. Per esempio, non volevo andare all’audizione di About a Boy, perché pensavo che avrebbe interferito con il mio programma scolastico e poi questo film mi ha aiutato a farmi notare, è stato pure un successo commerciale da più di 130 milioni in tutto il mondo. Allora, avevo cominciato a frequentare una scuola di teatro a Londra. E, ben presto mi trovai a recitare un altro ruolo importante, il dramma di teenagers e serie Skins, che mi portò altrettanta popolarità.
Come ha superato gli ostacoli maggiori e quali sono stati?
Il rifiuto, quando si perde un ruolo. Mi è successo per Batman, che è stato interpretato da Robert Pattinson. Speravo di avere un’audizione, ma seppi che avevano scelto Robert. Mi sarebbe anche piaciuto essere nel nuovo Top Gun. Tom Cruise mi ha chiesto di essere nel prossimo Mission Impossible, ma non era possibile perché stavo facendo la serie The Great. Spero di lavorare presto con lui. Del resto, bisogna sempre pensare che quando si chiude una porta, si apre un portone. E, pensare a ogni perdita come a un mezzo per diventare più forti e migliorare. Non mi sono mai sentito una star, in fondo, ma uno che fa il suo lavoro bene e che può, quindi, continuare a farlo. Talvolta mi capita un ruolo da protagonista, talvolta di supporto. In entrambi i casi mi dedico al massimo, perché sono un professionista.
Presto la vedremo anche nel nuovo film di Superman…
James Gunn (ceo di DC Studio e di film di supereroi come le serie Guardians of the Galaxy e The Suicide Squad, n.d.r.) è un direttore fantastico. Ha una grande sensibilità, perché non voleva sottopormi a troppo stress. Mi ha detto semplicemente che mi voleva, perché gli piaceva la mia recitazione e mi voleva fossi nel suo mondo. Lo considero un grande leader, perché sa che quando una persona si sente apprezzata, si impegna ancora di più per dare il meglio.
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