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25 settembre 2025

Valpolicella, la forza del vino cooperativo: così Negrar valorizza l’Amarone

Cantina Valpolicella Negrar riunisce quasi 250 soci per un progetto condiviso: innovazione, qualità e sostenibilità al servizio del territorio
Valpolicella, la forza del vino cooperativo: così Negrar valorizza l’Amarone

Luca Sessa
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Luca Sessa

Articolo tratto dal numero di settembre 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

Da oltre 90 anni Cantina Valpolicella Negrar incarna la tradizione vitivinicola della Valpolicella Classica e del suo vino principe, l’Amarone. Un percorso che dal 1933 vede impegnati quasi 250 soci, che da generazioni si prendono cura di 700 ettari di vigneto distribuiti sulle colline della zona.

“Il punto di forza di una cooperativa vinicola sta nella sua capacità di intrecciare le voci di ogni vigneto in un racconto corale che dà valore al territorio”, dice il presidente, Giampaolo Brunelli. “In Cantina Valpolicella Negrar, la sinergia tra i soci, con le loro famiglie, provenienti da più di 500 appezzamenti e accumunati da un progetto, ha permesso di esplorare ogni sfumatura dei suoli, delle esposizioni e dei microclimi. Lavorando fianco a fianco, i viticoltori condividono tecnologie all’avanguardia, come il sistema di appassimento controllato, e partecipano a percorsi formativi che elevano la qualità in vigna e in cantina”.

La struttura

Tutto questo è reso possibile dalla struttura cooperativa, che permette anche ai piccoli produttori di accedere a strumenti innovativi e a competenze specialistiche, difficilmente sostenibili a livello individuale. In questo contesto, ogni socio non è un semplice fornitore, ma diventa parte di un progetto comune, che si traduce in una narrazione autentica che conquista consumatori e mercati internazionali. L’evoluzione del processo produttivo e del coordinamento dei soci ha visto, negli ultimi decenni, una svolta, sebbene i valori fondamentali siano immutati.

Un tempo si guardava soprattutto alle quantità di uve conferite; oggi la sfida è massimizzare la qualità di ciascun grappolo, attraverso micro-vinificazioni che permettono di studiare l’impatto di altitudine, esposizione e terreni diversi. “La tecnologia è entrata in maniera preponderante nel sistema produttivo, rendendo smart i fruttai di appassimento e precise le estrazioni in vinificazione, ma la passione per la vigna – eredità di tradizioni contadine – e lo spirito di comunità rimangono il motore di ogni vendemmia”.

Sostenibilità

Per una realtà di questo tipo, abbracciare la sostenibilità è fondamentale nel patto di responsabilità che lega Cantina Valpolicella Negrar al territorio e alle generazioni future. Il vigneto, certificato biologico o Sqnpi, non è un progetto tra gli altri, ma occupa una superficie molto ampia dell’intera denominazione. “A livello di nuovi investimenti, stiamo installando un moderno impianto di depurazione che trasforma ogni goccia d’acqua di lavorazione in un’opportunità per preservare le falde”, spiega la vicepresidente, Alessia Ceschi. “Allo stesso tempo, la ricerca di bottiglie sempre più leggere non è solo un esercizio estetico, ma un impegno concreto per ridurre l’impronta di carbonio e i costi di trasporto. Infine, grazie a protocolli condivisi con le amministrazioni locali e le comunità, i trattamenti in vigna si svolgono attraverso un’etica del rispetto del benessere pubblico, e ogni fase del processo – dalla terra alla bottiglia – viene raccontata con la massima trasparenza, coltivando un rapporto di fiducia con chi sceglie i nostri vini”.

Domìni Veneti

La forza dell’anima cooperativa di Cantina Valpolicella Negrar è ben rappresentata da Domìni Veneti, progetto nato nel 1989 per raccogliere e restituire l’essenza più pura e nobile della denominazione. Il nome affonda le radici nell’eredità veneziana, evocando i domìni della Serenissima e il ruolo centrale che la Valpolicella rivestiva nei secoli passati. Un’eredità che oggi si rinnova attraverso la selezione dei cru più vocati, la cura maniacale del dettaglio e una visione viticola ed enologica integrata e lungimirante.

“L’idea di dare vita a Domìni Veneti nacque alla fine degli anni Ottanta, quando lo scandalo del metanolo minò la credibilità del vino italiano”, dice Brunelli. “Nonostante la presenza di cru di straordinario valore, il nome della Valpolicella faticava a essere riconoscibile come un prodotto di alta gamma. Per invertire la tendenza si decise di intraprendere uno studio rigoroso, anche attraverso collaborazioni esterne di prestigio, per introdurre selezioni manuali rigorose e guidare piccole vinificazioni sperimentali. Mappando ogni collina e ogni esposizione, si individuò la vocazione di ogni appezzamento; nel giro di pochi anni quel laboratorio di ricerca si trasformò in un brand capace di raccontare la pluralità dei terroir veneti e di elevare la percezione del territorio a livello mondiale. Domìni Veneti nacque così, dal connubio tra metodo scientifico, competizione positiva e passione cooperativa, diventando esempio di come una crisi possa diventare l’innesco di una rinascita”.

 

 

 

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