Articolo tratto dal numero di dicembre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
Lui, Riccardo Cotarella, un cognome che è una sentenza. Nato nel 1948 a Monterubiaglio, un borgo in provincia di Terni, è il ‘Master of the Vine’, come l’ha battezzato Netflix nel docu-film a lui dedicato che uscirà nel 2025. Presidente mondiale degli enologi e presidente nazionale di Assoenologi, sfoggia un palmares di riconoscimenti professionali da far tremare i polsi. Riccardo, insieme al fratello Renzo, nel 1979 ha fondato Falesco, quella che oggi è Famiglia Cotarella, guidata dalle figlie di Riccardo e Renzo, Dominga, Marta ed Enrica, una delle più importanti aziende vitivinicole d’Italia con 200 ettari di vigneto e quasi due milioni di bottiglie vendute in tutto il mondo. Poi Riccardo ha la sua società di consulenza, la Chiasso Cotarella, a cui si affidano più di 100 aziende in Italia, Francia, Palestina, Giappone, Georgia, Spagna, Israele e Serbia.
Lei, Erjola Braha. Ma nel mondo del vino la conoscono con un nome più dolce: Lola. Quarant’anni portati benissimo, volto e fisico da modella, sfodera una grinta e una preparazione professionale non comuni. Albanese di nascita ma italiana d’adozione (vive fin da quando era piccola in Valdobbiadene), è nel settore da circa 20 anni. Ha fondato e guida Alehandro Group, una delle più grandi aziende di commercio di vino albanesi, con sede a Tirana, rapporti in tutto il mondo e una presenza importante nei Balcani, dove è l’ambasciatrice di tante eccellenze: da Château Lafite Rothschild a Edmond Rothschild, da Louis Roederer a Ornellaia. “Tra l’altro”, sostiene Erjola, “i Balcani rappresentano un mercato in costante crescita per il vino italiano, con un potenziale sempre in incremento. Il made in Italy è molto apprezzato in questa regione, dove i consumatori riconoscono e ricercano la qualità, l’eleganza e la tradizione che il vino italiano porta con sé”.
Una passione che annulla le distanze
Sembrerebbero due storie e due percorsi lontani 1.000 chilometri, come quelli che dividono Orvieto da Tirana. Invece c’è un filo robusto che li lega: il vino. Lola ha conosciuto Riccardo partecipando a una sua masterclass. “Mi colpirono la sua passione, ma soprattutto la sua cura per i dettagli”, racconta. “Successivamente mi ha invitata a visitare la sua azienda in Umbria. Mi sono innamorata dei suoi vini straordinari, tra cui il Montiano”.
Ma soprattutto l’incontro con Cotarella ha ispirato Lola a creare un progetto che unisse il rispetto per le radici locali con una visione internazionale e che andasse oltre la rappresentanza di importanti case vinicole nei Balcani e in gran parte del mondo. “Ho deciso di creare la mia cantina in Albania, un luogo in cui le risorse e la tradizione del nostro territorio si fondono con metodi e tecniche innovative, aprendoci a un pubblico globale”, dice Erjola. “Ho voluto fondare anche un’academy per formare giovani appassionati, offrendo loro gli strumenti per comprendere e raccontare il valore del nostro vino e del nostro territorio. Attraverso l’academy coltiviamo un legame profondo con le nostre origini, ma con uno sguardo aperto e ambizioso verso il mondo, nella speranza che il nostro vino diventi un ambasciatore della cultura e del talento albanese”.
Il docu-film di Netflix su Riccardo Cotarella
Se Lola si dà daffare per crescere e far crescere ancora la sua Alehandro Group, Cotarella è all’apice della carriera, tant’è che Netflix ha deciso di dedicargli un docu-film che racconta la sua storia professionale e che è stato presentato in preview alla Milano Wine Week durante la cerimonia per l’assegnazione del Premio alla Carriera – Eccellenza Italiana, andato proprio a Cotarella “per lo straordinario contributo professionale e culturale portato al vino italiano e per la valorizzazione della nostra scuola enologica nel mondo”.
Il video, che anticipa un vero e proprio film, è stato ideato e prodotto dal team italo-americano composto da Kimberly Olsen, produttrice esecutiva, Frankie Nasso, regista e produttore, co-produttori Willy Vecchiattini, Ugo De Fazio, e Alessandro Rossi che ha avuto anche la responsabilità delle interviste ai testimonial che compaiono nel video, oltre a tutto lo staff di produzione statunitense di Coupage Productions. L’idea progettuale è nata, infatti, dall’incontro tra Riccardo Cotarella, Willy Vecchiattini e Alessandro Rossi, durante il Vinitaly, e ha visto poi la collaborazione del direttore artistico americano Frankie Nasso a New York.
“Il vino ci parla”
Il film racconta il percorso umano e professionale del ‘Master of the Vine’ Riccardo Cotarella a partire dalla famiglia, con l’esempio dei nonni e del padre Domenico, scomparso troppo presto per un incidente in campagna; il legame con il fratello Renzo, con cui ha condiviso le prime esperienze professionali e la creazione dell’azienda Falesco, oggi divenuta Famiglia Cotarella; la creazione della società di consulenza enologica Chiasso Cotarella, in cui al cognome di Riccardo è affiancato quello del genero Pier Paolo, suo braccio destro, di recente premiato come Winemaker. E ancora, il ruolo di docente di viticoltura ed enologia all’Università della Tuscia di Viterbo, quello di presidente d’associazione italiana degli enologi e di quella internazionale, di accademico aggregato dell’Accademia dei Georgofili, ma anche le due lauree honoris causa, una in scienze della comunicazione e una in agronomia, fino al suo impegno sociale. Tra le testimonianze che arricchiscono il filmato quelle di diverse personalità che raccontano il Riccardo Cotarella che hanno conosciuto. Tra queste Sting e la moglie Trudie Styler, Bruno Vespa, Daniele Cernilli, Leonardo Lo Cascio, Massimo D’Alema, Giacomo Neri, Piero Antinori, Jean Guyon, Christer Gardel, Orhan Dragas, Munir Al Rai.
Nel finale Riccardo Cotarella dichiara il suo amore per il vino: “Il vino ci parla attraverso le sue esigenze, comunicandoci se il percorso ha bisogno di attenzioni, di deviazioni, di cambiamenti. È uno scambio, è un’unità di intenti che l’enologo ha con il vino come si ha con una persona. Il vino è un prodotto che va conosciuto, bisogna parlargli e ascoltare per capire come si esprime. Io non vorrei esagerare, ma è amore puro”.
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