Per anni Leonardo Del Vecchio è stato il secondo uomo più ricco d’Italia. A fine 2021, per qualche giorno, aveva anche superato Giovanni Ferrero e conquistato la testa della classifica. Alla sua morte, nel giugno 2022, la sua fortuna da quasi 30 miliardi di dollari è stata divisa in otto parti uguali tra i figli (Claudio, Clemente, Leonardo Maria, Luca, Marisa e Paola), la vedova, Nicoletta Zampillo, e Rocco Basilico, figlio di Zampillo e del banchiere Paolo Basilico.
Si spiega in gran parte così l’esplosione di miliardari italiani nella classifica Forbes Billionaires 2023: sono in tutto 64, contro i 52 di un anno fa. Un incremento del 23% che va in controtendenza rispetto al leggero calo nel resto del mondo (i miliardari globali sono 2.640, contro i 2.668 del 2022).
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Il miliardario più giovane del mondo
Gli eredi di Leonardo Del Vecchio hanno ricevuto il 12,5% di Delfin, la società con sede in Lussemburgo che deteneva le sue partecipazioni e la sua liquidità. Al di là di EssilorLuxottica, il più grande gruppo mondiale degli occhiali, la holding possiede quote di Generali, UniCredit, Mediobanca e Convivio.
Le otto fette di Delfin valgono 3,5 miliardi di dollari. Gli eredi di Del Vecchio sono così i nuovi miliardari che occupano la posizione più alta nella classifica dei più ricchi d’Italia: sono dodicesimi, a pari merito con Giuseppe Crippa – il fondatore di Technoprobe, azienda lombarda che produce schede per testare microchip – e Remo Ruffini di Moncler. Clemente Del Vecchio, 18 anni, è il più giovane miliardario del mondo.
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Il miliardario d’acciaio
Dopo i Del Vecchio, il nuovo miliardario più ricco è Giovanni Arvedi, imprenditore cremonese. Arvedi, 85 anni e un patrimonio di 1,7 miliardi di dollari, discende da una famiglia che si occupava di metalli già nel XVII secolo, quando possedeva una miniera di rame. Ha iniziato la sua carriera di imprenditore nel 1963 con la fondazione di due aziende, una commerciale e una produttiva. Oggi guida uno dei più grandi gruppi europei della metallurgia e della siderurgia. Lo scorso anno ha portato a termine una delle sue operazioni più ambiziose: l’acquisto delle acciaierie di Terni dalla tedesca ThyssenKrupp per oltre 600 milioni di euro.
Negli anni ’80, dopo lo scandalo P2, Arvedi aveva partecipato al salvataggio del Corriere della Sera e della Rizzoli. Oggi è conosciuto anche in quanto proprietario della Cremonese, che ha rilevato nel 2007 e riportato in Serie A nel 2022, dopo 26 anni di assenza.
Gli eredi di Mediolanum
Sono entrati nella classifica dei miliardari anche Annalisa e Massimo Doris, figli di Ennio, il fondatore di Banca Mediolanum morto a fine 2021, e di Lina Tombolato, anche lei miliardaria. Annalisa e Massimo hanno patrimoni di 1,3 miliardi di dollari e sono nell’azienda di famiglia dagli anni ’90. Entrambi ricoprono ruoli di vertice: la prima è vicepresidente, il secondo amministratore delegato.
Il fondatore di Pegaso
È per la prima volta nella lista anche Danilo Iervolino (editore di Forbes Italia). L’imprenditore campano, 45 anni, ha fondato nel 2006 Pegaso, una delle prime università telematiche italiane. Nel 2021 l’ha venduta al fondo Cvc Capital Partners, già entrato nella società due anni prima.
In seguito Iervolino, che ha un patrimonio di un miliardo di dollari, ha comprato il club di calcio della Salernitana, ha investito in varie startup tecnologiche ed è entrato nell’editoria, con l’acquisto di Bfc Media. L’estate scorsa la casa editrice ha comprato anche il settimanale L’Espresso dal gruppo Gedi.
Il figlio della miseria
Ha un patrimonio di un miliardo di dollari anche Fulvio Montipò, fondatore di Interpump Group, uno dei principali produttori mondiali di pompe ad alta pressione. Nato a Baiso, sull’Appennino reggiano, Montipò era già stato miliardario per un periodo nel 2021, ha definito la sua azienda come “figlia di un sogno post-bellico, della miseria più cattiva, del desiderio di riscatto”. Suo padre, muratore, passava nove mesi l’anno in Svizzera. “Una vita lontano da noi, dentro una baracca infame, con i sacchetti del cemento alle pareti per fermare gli spifferi”, ha ricordato in un’intervista a Repubblica. “Quando ci ripenso, mi dico che tutta la mia vita è una rivincita rispetto a quella baracca”.
L’idea da un miliardo arrivò nel 1977: sostituire i pistoni d’acciaio delle pompe con pistoni in ceramica, più affidabili e meno costosi. Montipò investì l’equivalente di 1.250 euro di tasca propria e raccolse capitale da vari imprenditori locali, in cambio di un 40% della società. Nel 2022 il fatturato di Interpump ha superato i due miliardi di euro.
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