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Giornata mondiale della salute mentale: ogni anno si perdono circa 12 miliardi di giornate lavorative a causa di depressione e ansia

“È responsabilità comune promuovere politiche di prevenzione, di presa in carico, di inclusione e sostegno. Godere di una buona salute mentale è condizione per esercitare liberamente i diritti fondamentali della persona”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha messo l’accento sulle diverse iniziative a sostegno della giornata mondiale della salute mentale. Tema che, soprattutto in virtù degli effetti socio-economici scaturiti dalla pandemia, sta lentamente conquistando l’attenzione a livello sociale.

Lentamente perché ancora non si riesce a seguire e comprendere l’impennata delle richieste di aiuto. Cresciute anche in scia a un maggior presa di coscienza del proprio malessere e dell’entrata in scena di nuovi player, come Unobravo o Serenis solo per citarne alcuni, che hanno “normalizzato” la scelta di rivolgersi a uno psicologo. Peraltro, abbiamo dovuto aspettare due film d’animazione (e stiamo parlando di Inside Out) per capire, in maniera semplice, la complessità delle nostre emozioni. Anche di quella più turbolenta e sconvolgente, come l’ansia, ormai cresciuta a dismisura soprattutto tra i giovani e i giovanissimi.

Basti pensare che secondo i dati raccolti da Unicef nel report ‘Child and adolescent mental health – The State of Children in the European Union 2024‘, sono 11,2 milioni i bambini e i giovani entro i 19 anni nell’Unione Europea (il 13%) che soffrono di un problema di salute mentale. Tra le persone di età compresa tra i 15 e i 19 anni, circa l‘8% soffre di ansia e il 4% di depressione.

Giornata mondiale della salute mentale: pesa il lavoro

Già allarmanti tra i giovanissimi, le percentuali poi crescono quando coinvolgono una variabile impazzita: il lavoro. Non a caso quest’anno è proprio il benessere nei luoghi di lavoro il focus della giornata mondiale della salute mentale.

“Condizioni di lavoro caratterizzate da forte stress e precariato, ma anche da pregiudizi, discriminazioni e molestie, possono comportare gravi rischi per la salute mentale”, spiega Liliana Dell’Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria. “E, come ricorda l’OMS, con il 60% della popolazione mondiale al lavoro, il 15% della quale affetta da un disturbo mentale, è necessaria un’azione urgente per ridurre lo stigma sul posto di lavoro attraverso la consapevolezza e la formazione e per creare un ambiente di lavoro più sano e inclusivo che protegga e supporti attivamente la salute mentale”, ha aggiunto.

A livello globale, peraltro, si stima che ogni anno si perdano circa 12 miliardi di giornate lavorative a causa di depressione e ansia. Stiamo parlando di una perdita di produttività di circa mille miliardi dollari l’anno. Peraltro, come emerso da un approfondimento condotto da Guna e dai dati dellETUC, European Trade Union Confederation, circa il 40% dei casi di depressione nell’Unione Europea sono collegati a fattori stressanti legati al lavoro, come una cattiva organizzazione, over work, disponibilità costante, precariato e condizioni di eccessiva pressione lavorativa.

E l’Italia?

Partendo dal presupposto che l’Italia riserva alla salute mentale solamente il 3% della spesa sanitaria (9° nella classifica della qualità dell’assistenza per i disordini mentali in Europa), secondo il report Gallup 2024, solo l’8% dei lavoratori italiani si sente coinvolto e realizzati, contro una media già bassa, ma più rilevante a livello globale (23%). Fanno peggio di noi solo Francia e Lussemburgo. E non è finita qui.

Peraltro, quasi la metà dei nostri connazionali intervistati (il 46%) ha sostenuto di sentirsi stressato per buona parte della giornata di lavoro; il 25% ha dichiarato di sentirsi triste/amareggiato (terzo posto in classifica), mentre per fortuna solo l’11% ha risposto di avere provato sentimenti di rabbia. Peraltro, il 41% ha dichiarato di star cercando attivamente un altro lavoro (siamo in testa subito dopo l’Albania), ma solo il 32% pensa che – questo sia un buon momento per trovare lavoro.

Preoccupazioni che aumentano al rientro delle vacanze. Secondo un report di settembre di The Adecco Group, 7 lavoratori su 10 hanno dichiarato di soffrire della sindrome del Post-Vacation Blues a causa dell’ambiente lavorativo in cui si trovano. In particolare, il 32% ha avvertito questo disagio per l’eccessivo carico di lavoro al rientro, il 26% perché insoddisfatto del proprio lavoro, mentre il 12% dichiara di ricevere troppe pressioni dal proprio responsabile. Dimostrazione evidente che i temi da affrontare durante la giornata mondiale della salute mentale sono ancora tanti. Forse troppi.

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