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Trionfi, svolte e disastri: l’anno di Borsa raccontato in dieci storie

Il 2021 è stato un anno movimentato sulle borse mondiali, con molte storie da raccontare: debutti, ascese, cadute, ingerenze di governi, grandi trend, svolte e rinascite. Fino a eventi totalmente inattesi e, sotto certi punti di vista, epocali, come il caso GameStop.

Era impossibile raccontarli tutti, ma la redazione di Forbes Italia ha voluto fare una piccola selezione di dieci casi di borsa per ripercorrere l’anno che sta per concludersi. I mercati di Stati Uniti e Cina sono stati i maggiori protagonisti, ma ci sono anche diverse storie italiane che fotografano il cambiamento in atto nel nostro Paese.

Il caso GameStop: a Wall Street la riedizione di Davide contro Golia

Per molti è stata la vendetta dei piccoli contro i signori della finanza mondiale. Una sorta di riedizione borsistica dello scontro biblico tra Davide e il gigante Golia. Di certo non era mai successo prima che una comunità di piccoli trader si organizzasse in massa su un social network (Reddit) per comprare in blocco le azioni di un’azienda (Gamestop). Questo ha provocato a più riprese un rally del titolo, che è passato dai 17,25 dollari di inizio anno al picco di 347,51 dollari del 27 gennaio e ora si appresta a salutare il 2021 sopra i 150 dollari. E l’azione – aspetto che ha portato molti a simpatizzare per i trader dilettanti – ha portato a perdite consistenti per tutti quei fondi d’investimento che avevano posizioni ribassiste su Gamestop, catena di negozi retail di videogiochi che sta soffrendo la disintermediazione della vendita portata dal digitale. Una situazione che ha condotto all’innesco di un fenomeno chiamato short squeeze, che avviene quando un titolo sale bruscamente e costringe coloro che avevano puntato sul suo ribasso a comprare le azioni per evitare perdite ancora maggiori. 

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L’uomo dell’anno e la galoppata di Tesla

La rivista Time lo ha incoronato persona dell’anno, forse anche per sottolineare l’assoluto protagonismo, anche a livello mediatico, che ha contraddistinto Elon Musk nel 2021. Dalla sua pagina Twitter il miliardario sudafricano ha lanciato in orbita criptovalute come il Dogecoin e condizionato il corso azionario di Tesla quando ha chiesto ai suoi follower se fosse il caso di vendere il 10% delle sue azioni. E sono solo due esempi di quanto un tweet di Musk, che nel corso dell’anno è diventato anche l’uomo più ricco del mondo, possa pesare sui mercati. Nonostante gli 11 miliardi di tasse che si appresta a pagare al fisco americano, l’anno che si sta per concludere è stato molto positivo per Musk. Infatti, il boom di immatricolazioni di auto elettriche e la svolta green in atto hanno fatto bene a Tesla, che chiuderà l’anno con un progresso di quasi il 50% del valore delle sue azioni. Musk può così vantare attualmente un patrimonio di quasi 275 miliardi di dollari.

Robinhood, dall’altare alla polvere

Di tutte le storie di borsa del 2021, una delle più curiose è quella di Robinhood. La piattaforma di trading, specializzata in criptovalute, si è infatti quotata a Wall Street a luglio e, dopo un inizio titubante, ha visto una crescita impressionante del titolo. Partito da un’offerta iniziale a 38 dollari ad azione, in seguito al placet del conduttore della Cnbc Jim Cramer, il titolo è balzato fino a un massimo di 70,39 dollari. I due fondatori della piattaforma, Vlad Tenev, 34 anni, e Baiju Bhatt, 36, sono entrati allora nella lista dei miliardari di Forbes: dopo il rally iniziale, hanno visto salire il loro patrimonio oltre i tre miliardi di dollari. Un paio di trimestrali deludenti, un modello di business poco diversificato e una diminuzione degli scambi sul mercato cripto hanno però fatto sì che la fortuna voltasse le spalle a Tenev e Bhatt. Tant’è che oggi Robinhood naviga poco sopra i 17 dollari per azione e ha perso oltre il 50% del suo valore alla quotazione.

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Rivian, la terza casa automobilista al mondo (senza vendere auto)

Così come è stato un anno proficuo per Tesla, allo stesso modo lo è stato per la casa produttrice americana di veicoli elettrici Rivian. L’attenzione mondiale all’elettrico è stata un vero catalizzatore d’interesse per la casa automobilistica di Irvine, in California, che si è quotata sul Nasdaq lo scorso novembre. In un mondo dove cambia tutto nel tempo di un click, non deve sorprendere che un costruttore di automobili che fino a qualche mese fa non aveva ancora messo su strada una sola macchina sia diventato la terza casa automobilistica per capitalizzazione di borsa al mondo, davanti perfino alla Volkswagen. Ora il titolo ha ritracciato, ma resta vicino ai 100 dollari per azione e con una capitalizzazione di borsa di quasi 90 miliardi. L’azienda, dal canto suo, rimane specialista di rinvii e di recente l’ad, RJ Scaringe, ha rivelato ai clienti che la società ritarderà al 2023 le consegne del suo pickup elettrico e dei suv dotati di grandi batterie.

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Il giganti dai piedi d’argilla: il crollo di Evergrande

Il 2021 non dev’essere stato un anno da ricordare per il miliardario Xu Jiayin, fondatore del colosso immobiliare cinese Evergrande. Quest’ultima, infatti, è stata al centro di una delle storie di maggior rilievo a livello borsistico, dopo che la crisi del settore immobiliare cinese l’ha portata sull’orlo del default. Gravata da oltre 300 miliardi di dollari di debiti, a dicembre è di fatto arrivata all’insolvenza, dopo che ha mancato di rimborsare una serie di obbligazioni. Il governo di Pechino e la Banca centrale cinese intendono pilotare la crisi, per evitare un effetto domino sulla loro economia. Nel frattempo, però, il titolo ha perso quasi il 90% del proprio valore sulla borsa di Hong Kong. Il colosso è attivo su 1.300 progetti immobiliari in 280 città cinesi e un suo fallimento andrebbe a ricadere su fornitori, compratori di case e investitori di bond. Per questo le autorità cinesi avrebbero esortato Xu Jiayin ad aiutare la compagnia attingendo dal suo patrimonio personale. 

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In orbita con Sir Richard Branson

Richard Branson è stato sicuramente uno degli imprenditori più in vista dell’anno, dopo essere diventato il primo miliardario ad andare nello spazio a bordo di una sua navicella. La Virgin Galactic del magnate britannico sta già vendendo i biglietti per i primi viaggi spaziali privati, a un prezzo di 450mila dollari l’uno. Durante la conferenza stampa del terzo trimestre dell’anno, dello scorso novembre, l’azienda aveva fatto sapere di avere già venduto 700 biglietti, con l’obiettivo di arrivare almeno a mille. Grandi notizie che non sembrano essersi riflesse appieno nella performance del titolo di Virgin Galactic, che da inizio anno ha perso oltre il 40% del suo valore. In compenso, Branson ha annunciato di voler quotare al Nasdaq anche Virgin Orbit, la sua società che lancia in orbita piccoli satelliti. Lo farà per mezzo di una spac, con una fusione che porterà 483 milioni cash e valuterà la startup spaziale 3,2 miliardi di dollari.

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Le big tech cinesi in castigo

Tutto è iniziato con la sparizione di Jack Ma: nei primi giorni di gennaio, nessuno sapeva dove fosse finito. Il miliardario fondatore di Alibaba ha pagato a caro prezzo alcune sue considerazioni sulle banche commerciali pubbliche cinesi, accusate di avere una mentalità “da banco dei pegni”. Ma aveva dovuto incassare in precedenza lo stop alla quotazione di Ant Group, fintech affiliata al colosso dell’e-commerce Alibaba. Una doppia quotazione a Shanghai e Hong Kong, del valore stimato di 37 miliardi di dollari. Da allora, l’anno di Alibaba è stato difficoltoso, con un titolo che ha perso oltre la metà del suo valore in un anno. Ma non è certo l’unica tech cinese a essere finita in castigo. A luglio, infatti, si è quotata a Wall Street Didi Global, l’Uber cinese. Un’ipo che ha raccolto 4 miliardi di dollari e ha permesso al fondatore, Jeng Qing Liu, di portare il suo patrimonio a 4,4 miliardi e alla sua presidente, Cheng Wei, di diventare miliardaria. Al centro di un dualismo tecnologico e commerciale con gli Stati Uniti, le autorità cinesi hanno messo nel mirino le ipo americane di società cinesi. Didi è quindi finita sotto indagine della Cyberspace Administration of China, che ha sospeso l’app con l’accusa di “violare gravemente i regolamenti sulla raccolta di dati personali”.

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Un debutto super per Ermenegildo Zegna

Un grande brand del lusso italiano è finito sotto i riflettori dopo la sua quotazione a Wall Street, poco prima di Natale. La stessa azienda fondata nel 1910 a Trivero, in Piemonte, ha definito questo passo “una pietra miliare monumentale” della sua storia. L’entusiasmo dev’essere stato condiviso anche dal mercato, dal momento che nel primo giorno di contrattazioni il titolo ha visto una crescita del 9%, a quota 11,20 dollari per azione (al momento in cui si scrive è scambiato a 11,02). L’operazione è avvenuta attraverso l’aggregazione aziendale con Investindustrial Acquisition Corp (Iiac), una spac di Investindustrial VII, annunciata lo scorso luglio in una nota ufficiale. Nonostante la fusione, però, la nuova società fa ugualmente capo alla famiglia Zegna, con una quota del 62% circa. Il ceo, Ermenegildo “Gildo” Zegna, ha saputo portare un marchio ormai molto noto a livello internazionale, partito come lanificio fondato dal nonno, fino allo sbarco nell’Olimpo della finanza mondiale. 

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Cnh Industrial sugli scudi con lo scorporo di Iveco

Cnh Industrial brinda a un anno da superstar, tra i migliori titoli del Ftse Mib. La multinazionale, specializzata in macchine agricole e per le costruzioni, è controllata dalla Exor, il forziere della famiglia Agnelli. La capogruppo deve essere stata soddisfatta dal corso azionario, dal momento che il titolo è salito di oltre il 67% dall’inizio dell’anno ed è ai suoi massimi storici (dato aggiornato al 30 dicembre). A contribuire positivamente anche un’altra notizia che riguarda la controllata Iveco, produttrice di veicoli industriali e autobus, che è stata ufficialmente scorporata dalla casa madre. Gli azionisti di Cnh Industrial riceveranno un’azione ordinaria di Iveco Group ogni cinque azioni ordinarie di Cnh Industrial detenute al 4 gennaio. Al 3 gennaio, le azioni ordinarie Cnh Industrial saranno scambiate sia sul New York Stock Exchange, sia su Euronext Milan. Iveco avrà anche un nuovo ceo, l’ex McKinsey Gerrit Marx. 

Ariston arriva in borsa dopo 91 anni di storia

La borsa italiana a novembre ha salutato anche un altro importante debutto. Si tratta dell’azienda storica Ariston, un brand di impianti di riscaldamento e climatizzazione domestici fondato nel 1960 a Fabriano, in provincia di Ancona, da Aristide Merloni. Una storia industriale che, in realtà, era già iniziata trent’anni prima con il nome di Industrie Merloni, azienda che costruiva bilance. La storia poi è proseguita: la Merloni Elettrodomestici ha cambiato nome in Indesit Company nel 2005. La Merloni Termosanitari è invece diventata Ariston Thermo Group nel 2009 e Ariston Group poche settimane fa. L’approdo in borsa è stato un altro scalino nella storia del gruppo, ancora guidato dai Merloni, ormai alla terza generazione d’imprenditori. Oggi il timoniere è Paolo Merloni, che ricopre la carica di presidente esecutivo. Ariston Group conta circa 7.400 dipendenti, 23 siti produttivi e 25 centri di ricerca e sviluppo nel mondo. Nel 2020 ha venduto 7,5 milioni di prodotti e, nell’anno che è andato dal quarto trimestre del 2020 al terzo del 2021, ha registrato ricavi per 1,947 miliardi di euro.

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